I soci di AMF partecipano all’iniziativa “Posto Occupato” : dal 18 al 25 Novembre nelle nostre sale d’attesa una sedia rossa resterà vuota come segno di testimonianza contro la violenza sulle donne.
Dal 2000 a oggi le donne vittime di omicidio volontario nel nostro Paese sono state tremila. Nel 2016 i femminicidi sono tornati a crescere rispetto all’anno precedente (+5,6%, da 142 a 150), trend sostanzialmente confermato dai 113 casi – più di uno ogni 3 giorni – dei primi dieci mesi dell’anno passato. L’incidenza femminile sul numero di vittime totali di omicidi non è mai stata così elevata, 37,1%: nel 2000 si attestava sul 26,4%. Sono numeri di una strage infinita quelli delineati nel quarto Rapporto Eures sul femminicidio in Italia, pubblicato ala vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
I primi 6 mesi del 2018 hanno visto una nuova impennata dei femminicidi: sono infatti già 44 le donne uccise dall’inizio di gennaio alla fine di giugno, con un aumento percentuale del 30% rispetto al 2017. È l’associazione Sos Stalking a stilare ancora una volta il tragico bilancio: nel 2017 hanno perso la vita 113 donne, due di queste erano in procinto di diventare madri e i rispettivi feti, di 5 e 6 mesi, sono morti con loro. A uccidere sono stati, nella quasi totalità dei casi, mariti, compagni o ex, incapaci di accettare la fine della relazione o la volontà della ex compagna di volersi ricostruire una vita al di fuori della coppia. I numeri subiscono leggere variazioni di anno in anno, ma la strage non accenna a placarsi.
La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. Una data importante, per ricordare a tutti che si tratta di una tra le violazioni dei diritti umani più diffuse al mondo, visto che subisce violenza, mediamente, una donna su 3, dai 15 anni in su e per ribadire che il rispetto è alla base di ogni rapporto e che non possiamo continuare a veder crescere il numero delle donne aggredite, maltrattate, stalkizzate, stuprate, svilite, psicologicamente annientate dentro le mura domestiche, sul posto di lavoro, per strada soprattutto ad opera di partner o ex partner.
Siccome dietro ogni donna minacciata di violenza, spesso, non c’è nessuno, solo un deserto di solitudine e di paura, occorre che si mobiliti la società civile, che le associazioni collaborino, che di questi temi si parli nelle scuole, nelle case, che si muova la politica, che gli intellettuali prendano posizione costantemente, che le persone di spettacolo che hanno influenza sui giovani, si schierino. Bisognerà che diventi priorità di tutti, non solo questione giuridica. Bisognerà che venga usato ogni mezzo, ogni strumento, per dimostrare che c’è la possibilità di trovare una via d’uscita, di uscire dalla zona d’ombra e di dolore in cui ci si trova , di aggrapparsi ad un’ ancora di salvezza, di approdare su un’isola dove c’è chi ascolta, consiglia e protegge.
Per cercare di focalizzare l’attenzione sul fenomeno nel 2013 da Rometta è partita una campagna virale e gratuita dal nome POSTO OCCUPATO.
Praticamente consiste nel lasciare in ogni luogo pubblico, un posto simbolicamente occupato da colei che è stata vittima di violenze e non ha potuto sedersi.
Chiaramente la finalità è quella di tenere alta l’attenzione e impedire che il problema si sottovaluti, che non rimanga ovattato solo all’interno delle mura delle case e nei contesti dove le vittime o i sopravvissuti di quelle mamme, figlie, sorelle, amiche, vicine di casa lo vivono quotidianamente.
L’estrema semplicità della sua realizzazione, occupare simbolicamente un posto con un cartello che illustra il logo del progetto ha avuto velocemente un riscontro sorprendente in ambito nazionale. Quel posto “vuoto”, a simboleggiare chi avrebbe potuto occuparlo e non può più, ha colpito emotivamente singoli e istituzioni che da subito hanno aderito in gran numero.
Le adesioni estemporanee in caso di eventi, mostre o concerti sono continue; le istituzioni che deliberano di dedicare in modo permanente uno o più posti sono in continuo aumento. E “quel” posto, sarà riservato per sempre da chi avrebbe voluto, potuto e dovuto essere lì.
Inoltre quel posto è un segno, un monito silenzioso, voce per chi non ha più voce, che suggerisce di NON sottovalutare MAI i sintomi della violenza perché è quello il rischio che si corre. Un’assenza sottolineata dalla presenza di una sedia rossa è una memoria tangibile.